Cosa ti triggera? - Treebe - Consulenza Informatica

Un trigger è,  per definizione, ciò che immediatamente fa scaturire un determinato evento, ciò che suscita una reazione istantanea. Non a caso in inglese “ to trigger” significa “innescare”.

Questa idea può essere semplicemente riportata al mondo del marketing: non è questo, in fondo, un insieme di strategie per far sì che scaturisca un evento ben preciso (la vendita di un prodotto o di un servizio)?

In questo caso però parliamo di una tecnica ben precisa che ha il fine di catturare l’attenzione di un utente con comunicazioni finalizzate all’ottenimento di un certo risultato da parte della azienda, come: la conoscenza di un nuovo prodotto, l’inserimento di un nuovo prodotto in un carrello all’interno di un ecommerce, l’invio di una mail di contatto o di una risposta. 

Un trigger, per esempio, può essere un messaggio “pop-up” che compare durante la navigazione su un sito in seguito a determinati eventi:

  • Dopo un certo tempo di permanenza su una medesima pagina
  • Quando l’utente si trova su una certa pagina
  • Quando l’utente compie una precisa azione: si sofferma su un certo elemento, inserisce un determinato testo, fa click su un certo bottone

Esempi di trigger marketing sono chatbot, sistemi di chat automatizzati e cross-selling, ossia la proposta di prodotti o servizi complementari o affini dopo che è stata eseguita una determinata azione.

Il messaggio che compare, però, dovrà contenere una comunicazione perfettamente in target e informazioni che possano risultate utili a chi si trova in quel momento a leggerle. Infatti, solo se c’è questa aderenza agli interessi e agli intenti degli utenti, la strategia di trigger marketing potrà portare dei vantaggi:

  • Migliorerà la frequenza delle conversioni
  • Promuoverà una maggiore fidelizzazione dei clienti
  • Accrescerà l’esperienza e la percezione del coinvolgimento da parte dei clienti
  • Sosterrà la crescita delle vendite

L’aspetto più complesso e delicato del trigger marketing è che la comunicazione che si instaura, in seguito all’azione del trigger, dev’essere bidirezionale: l’azienda deve garantire un’interazione immediata e uno scambio proficuo, sia esso svolto attraverso email, social media o blog. 

Tuttavia vi è un significato anche “psicologico” del termine trigger: un trigger, quindi uno stimolo, può anche essere interno o meglio interiorizzato e può semplicemente coincidere con la funzione che ha per noi una determinata azione online (che incontra gli obiettivi aziendali). 

Un esempio di trigger interiorizzato può essere il momento di noia e solitudine che porta a scorrere le storie Instagram, in maniera quasi sequenziale e “automatica”. Il brand ha creato una connessione con l’utente in modo tale da avergli comunicato una sensazione di conforto e compagnia quando faccia uso del servizio. 

Abbiamo quindi due categorie di triggers, “esterni” (messaggi, cross-selling etc..) e “interni” (il bisogno di consultare un certo sito quando ci sentiamo in un determinato modo…). In entrambi i casi è l’utente ad avere l’ultima parola e il potere decisionale sul far seguire allo stimolo un’azione effettiva. Ne consegue che il dato fondamentale, oltre alla costruzione dii trigger efficaci, sia la costruzione di un pubblico che coltivi un legame sincero con l’azienda, che, anche se con senso critico, decida di abbracciarne con entusiasmo le proposte.