“Puoi scrivermi un articolo su ChatGPT?" - Treebe - Consulenza Informatica

“Puoi scrivermi un articolo su chat cpt?”

Certamente, sarò felice di scrivere un articolo su ChatGPT per te!

ChatGPT è un modello di linguaggio sviluppato da OpenAI, una delle organizzazioni leader nel campo dell’intelligenza artificiale. Questo modello è stato addestrato su una vasta quantità di testo sul web per acquisire conoscenze e comprendere il linguaggio umano. Il risultato è un sistema in grado di rispondere alle domande degli utenti in modo preciso e naturale.

Il funzionamento di ChatGPT è basato su una tecnologia di deep learning nota come Transformer, che gli permette di capire il contesto delle domande e di fornire risposte appropriate. Inoltre, grazie alla sua grande quantità di dati addestranti, ChatGPT è in grado di rispondere a una vasta gamma di domande, dalle più semplici a quelle più complesse. 

L’impiego di ChatGPT è molto ampio e va dalla creazione di chatbot per supporto clienti a sistemi di risposta automatica per risparmiare tempo e risorse, fino all’utilizzo in ricerche di mercato e analisi dei dati. Inoltre, grazie alla sua capacità di comprendere il linguaggio umano, ChatGPT può anche essere utilizzato in ambito educativo per supportare gli studenti nello studio e nell’apprendimento di materie complesse.

In conclusione, ChatGPT è un modello di linguaggio altamente sofisticato che sta facendo grandi passi nel campo dell’intelligenza artificiale. La sua capacità di comprendere e rispondere alle domande degli utenti in modo preciso e naturale lo rende uno strumento molto utile e versatile. Senza dubbio, in futuro vedremo ancora molte applicazioni innovative di ChatGPT e di altri modelli di intelligenza artificiale simili.

Quale miglior modo di iniziare un articolo su un’intelligenza artificiale, se non lasciando parlare l’intelligenza artificiale stessa?

Del resto la sua risposta, la sua presentazione di sé stessa, è precisa ed esauriente, degna di un cronista anglosassone e delle sue “5W”.

Ed io, copywriter al cospetto delle righe di testo che sembrano prendere vita sullo schermo, sono affascinata e spaesata. Mi chiedo se in tutta la vita riuscirò ad accogliere in me una simile quantità di “dati addestranti” . “Dati addestranti”? Beh, qui la nostra Chat è scesa per un gradino nei meandri del tecnicismo, presuppone che ci sia chiaro che un “dato addestrante” sia un’informazione acquisita in modo tale che possa essere richiamata e riutilizzata in un contesto appropriato, con una finalità adeguata. Un umano penserebbe semplicemente alla conoscenza: “riuscirò mai a conoscere così tanto?”

Continuo a sbizzarrirmi sul Playground di Chat GPT

Continuo a porre domande, ed arriva anche il momento in cui decido di chiedere al cervellone elettronico di fare un po’ di lavoro per me.

“Puoi scrivermi un post su [inserisci cliente] adatto alla giornata [inserisci ricorrenza]?” 

La linearità con la quale mi risponde è stupefacente, la costruzione sintattica fluida e pulita; i periodi della giusta lunghezza e le frasi concise ma pregne di significato. ChatGPT mi compone un post perfettamente coerente alla mia richiesta, persino con un tocco di originalità.

“A questo io non avrei mai pensato, che bella idea!” – mi sorprendo a pensare fra me e me.

Sto quasi per cadere nel tunnel senza fondo della narrazione sulle macchine che rubano il posto di lavoro agli umani, nello specifico ai creativi e ai social media manager, ma qualcosa mi riagguanta e mi impedisce di capitombolare nel vuoto. Ed è proprio la parola “capitombolare” a riacchiapparmi. Sì, perché credo proprio che ChatGPT non avrebbe proposto la parola “capitombolare”. Con ogni probabilità il sistema conosce tale vocabolo e se gli (le?them?) avessi chiesto “puoi indicarmi un sinonimo della parola cadere”, il termine sarebbe emerso dal suo traboccante pozzo di conoscenza.

Ma forse non avrebbe capito che proprio in questo momento, in questo articolo, destinato a questo sito, sarebbe stato necessario dire “capitombolare” e non “ruzzolare” o semplicemente “cadere”.

Un intelligenza artificiale, infatti “genera” dei testi, non scrive o compone dei testi. Incrocia dati e produce corrispondenze corrette con contesti suggeriti; non assapora le sfumature di ogni parola, le emozioni e i ricordi racchiusi in ogni segno di punteggiatura. Comprende alla perfezione, ma non interpreta.

Siamo qui forse al confine fra linguaggio e comunicazione? Di certo non sono sinonimi, sebbene l’uno non possa prescindere dall’altro. La comunicazione, anche quella digitale, generalmente, avviene con una stratificazione di linguaggi. Non c’è solo il linguaggio verbale con il quale, nelle poche righe di una caption, diamo le informazioni desiderate dal nostro cliente; ma c’è anche lo stile, il tono di voce, l’atmosfera. Difficilmente un comunicatore potrà dare la stessa impronta stilistica a qualsiasi contenuto, lo stesso carattere ad ogni testo; difficilmente potrà miscelare allo stesso modo input e sensazioni.

Tornando al temuto racconto fantascientifico sulle macchine rubalavoro, un umano, specie se si tratta di un content creator, difficilmente conferirà la stessa personalità ad un contenuto su una sala ricevimenti e ad uno relativo ad uno studio medico, per esempio.

In conclusione – locuzione con la quale finemente conclude i suoi discorsi anche la nostra Chat – possiamo chiedere a ChatGPT di scriverci una caption per un post, una canzone o la sceneggiatura di un film, ma difficilmente potrà cogliere la nostra unicità di comunicatori, interpretare le sfaccettature della personalità dei nostri destinatari e restituirci parole come “capitombolare”, con un significato non solo “corretto e appropriato”, ma anche evocativo, bizzarro, fuori dallo schema, improbabile, cacofonico …ma in qualche modo vivo.